I diritti dei bambini

Icona diritti dell'infanzia

Christoph Baker *

 

 

L’UNICEF ha proposto una metodologia, un percorso da costruire con i governi locali.

Quale potrebbe essere un vero approccio basato sui diritti dell’infanzia?

 

 

 

Innanzitutto si tratta di tener presenti i quadri legislativi che sanciscono questi diritti. Ma non si tratta di fare solo un discorso "freddo" tecnico. Per l’UNICEF tenere presenti i diritti dei bambini è qualcosa che chiama in causa ognuno di noi a dare del suo per rendere questa società più calda, più umana, più rispettosa delle tante risorse che l’infanzia ci può dare e che riguardano anche noi adulti. Mi piace ribadire che i diritti dell’infanzia sono anche diritti degli adulti perché costituiscono delle opportunità che ci aiutano a superare moltissimi blocchi, anche di tipo mentale e culturale. 

 

La Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, che ha solo vent’anni (è del 1989), è stata un vero spartiacque. Prima nella storia umana non c’era stata mai una società che riconoscesse il bambino come un soggetto, come un cittadino. Qui da noi solo cento, centocinquanta anni fa, in questa nostra Europa, si mandavano i bambini nelle miniere, c’erano i bambini che lavoravano nelle fabbriche anche 16 ore al giorno, che non andavano a scuola, che vivevano in condizioni di igiene e di salute allucinanti. E che cosa sono cent’anni nella storia umana? Allora possiamo dire che in questo momento siamo solamente all’alba di una nuova visione della società basata sui diritti. E proprio partendo dai diritti dei cosiddetti minori, dei cosiddetti deboli, dobbiamo imparare a cambiare completamente atteggiamento. Lo slogan potrebbe essere: dobbiamo passare dal lavorare per i bambini al lavorare con i bambini. Si tratta di un punto fondamentale che fa cambiare i paradigmi con cui noi finora abbiamo lavorato. 

 

L’articolo 12 della Convenzione dice che le opinioni dei bambini devono essere ascoltate quando si fanno delle leggi che li riguardano. L’assistenzialismo non è più sufficiente; anche se, per certi versi, ha sempre il suo ruolo, ed è innegabile che i servizi vanno rafforzati ed è difficile immaginare un percorso di emancipazione dei ragazzi se i servizi di base non ci sono. Si tratta di una battaglia che, purtroppo, in molte parti di questo paese si deve ancora fare. Alcuni diritti elementari, infatti, malgrado il fatto che siano sulla carta, nei fatti non ci sono. Ma il vero salto di qualità consiste nel garantire i servizi necessari per poter poi garantire ai bambini una piena consapevolezza del proprio ruolo nella società. I bambini devono prendere coscienza della grande opportunità che hanno per il fatto che gli vengono riconosciuti dei diritti e che questo cambia la base stessa del loro protagonismo. 


Diritti di tutti 


Il fatto che i diritti dei bambini siano sanciti da una Convenzione internazionale divenuta legge in 192 Paesi (in Italia nel 1992) fa sì che si consolidi l’idea che si tratta di diritti di tutti i bambini, non ci sono bambini di serie "A" e bambini di serie "B". 

I bambini dei paesi cosiddetti “poveri” godono degli stessi diritti degli altri proprio in quanto bambini. 

 

Recentemente il presidente della Camera ha criticato il respingimento di una nave che aveva cercato di arrivare in Italia con a bordo molte persone, tra cui dei bambini. La critica era fatta in nome della tradizione umanitaria e di civiltà del nostro paese. In realtà non è così, i bambini vanno tutelati non per generosità e umanità, ma in forza di un loro preciso diritto. Quando i bambini che arrivano in Italia senza genitori e senza passaporto vengono mandati via, si viola una legge. 

 

 

Diritti e responsabilità

 

Ci sono anche scuole che sono amiche dei bambini. Il concetto di rispetto dei diritti, ma anche di protagonismo degli stessi ragazzi, viene ripreso in molte scuole. In un paese come il nostro è difficile immaginare qualcosa di questo genere. Questo vale per tutti i paesi europei. Che i nostri ragazzi possano decidere il programma di studio sembra una utopia irrealizzabile, invece accade. È accaduto in vari paesi africani, è accaduto in Indonesia dopo lo tsunami. Sono stati, in queste condizioni, gli stessi ragazzi a partecipare alla stesura del curriculum che gli serviva.

 

Sono situazioni da cui emerge un grande livello di responsabilità perché anche se tutti i bambini del mondo richiedono come primo diritto quello del gioco (ed è giusto) rivendicano però anche il diritto all’educazione, cioè il diritto di avere un’educazione che gli serva veramente a crescere e ad avere delle capacità per poter affrontare la vita, ad avere un bagaglio che gli serva per affrontare la vita reale. Sono situazioni che si verificano quando gli adulti, una volta tanto, accettano di mollare un po’ le catene, e questa è anche una grande sfida educativa e politica. Se noi continuiamo a controllare ogni momento della vita dei nostri figli, noi gli facciamo un disservizio. Nei nostri paesi occidentali, e specialmente, direi, del Mediterraneo, c'è una tendenza all’iperprotezionismo che è deleteria. Come fa un ragazzo a prendere sul serio i doveri se non vede riconosciuti i diritti e se non riesce mai a sperimentare in libertà? I diritti saranno sempre una cosa distante, una cosa che non si sente dentro.

 

Invece io propongo che ci sia un po' più di audacia nel lasciare che i ragazzi nella nostra società prendano parte alla gestione del bene comune, siano protagonisti in un percorso di condivisione delle responsabilità. Ma questo deve essere riconosciuto ufficialmente. 

 

Un esempio sono i centri di aggregazione dei ragazzi. Ce ne sono di due tipi: uno è fallimentare e uno ha successo.

Quando c'è un centro di aggregazione di giovani e viene messa a disposizione una sala però c’è qualcuno che viene ad aprire e a chiudere, spesso e volentieri dopo un po’ questo luogo è vittima di vandalismi e di trascuratezza. Quando invece si danno insieme al locale le chiavi del locale ai ragazzi, l’esperienza, nel 95% dei casi, porta a una presa di responsabilità concreta, perché i ragazzi fra di loro hanno dei meccanismi di autoregolazione per cui chi comincia a fare cose negative viene richiamato dal gruppo stesso. È un esempio concreto di quello che intendevo quando dicevo "mollare un po' il potere".

 

L’ansia di controllo degli adulti è una delle ragioni per cui molti ragazzi oggi si sentono frustrati, poi magari per reazione hanno dei comportamenti deleteri che sono pericolosi anche per la loro salute stessa. Pensiamo al vandalismo: lo praticano ragazzi che non sono stati ascoltati, non sono stati fatti sentire importanti, non sono stati protagonisti. Allora, in questi casi, ti cresce tanta rabbia dentro, una rabbia che devi sfogare in qualche modo. Non è possibile che un ragazzo tranquillo e felice decida di rompere una macchina. È importante far nascere nei ragazzi il senso di responsabilità, un senso di cura dei beni comuni, un senso di appartenenza e io spero, perché questa è la cosa fondamentale, un senso di amore per il proprio luogo di vita. 

 

Convenzione sui Diritti dell'Infanzia
A cura del Comitato Italiano per l'UNICEF Onlus
Convenzione_ONU_diritti_infanzia.pdf
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* Christoph Baker

....Ambasciatore UNICEF per il Progetto "Città amiche dei bambini"

 

Trascrizione da una relazione tenuta a Mogliano V.to (TV) e a Martellago (VE),

il 22-23 aprile 2010 - a cura di Nerina Vretenar