Abbiamo bisogno dei bambini per salvare le città

Bambini osservano la città

Francesco Tonucci *

 

 

Il mondo che abbiamo costruito e che andiamo costruendo risponde in qualche misura al desiderio e alle aspettative dei bambini? Un bambino di cinque anni di Correggio diceva: "Se gli adulti non ascoltano i bambini vanno incontro a guai grossi".

 

 

Si può concordare con questa affermazione? Certamente!E quali sono questi "guai grossi"? Ce l’ha spiegato un’altra bambina, di 12 anni, che, nel 1992, ha parlato, a Rio de Janeiro, davanti a 108 capi di Stato.

 

Ecco le sue parole: "Sono qui a parlare a nome di tutte le generazioni che verranno. I genitori  dovrebbero poter confortare i loro figli dicendo loro: andrà bene, il mondo non finirà, noi stiamo facendo del nostro meglio. Ma io non credo che i nostri genitori possano più dirci queste cose. Siamo proprio sicuri che noi figli siamo fra le loro priorità? Mio padre mi dice sempre: Tu sei quello che fai, non quello che dici. Ebbene, ciò che voi fate mi fa piangere di notte. Voi adulti dite che ci volete bene, che siamo importanti per voi. Vi scongiuro: fate in modo che le vostre azioni riflettano le vostre parole."


Quale mondo stiamo costruendo per i nostri figli?

 
Io mi vergogno a parlare di tutto questo davanti a dei bambini, ma dobbiamo farlo. La crisi ambientale, quella politica, quella morale, quella economica e infine quella nucleare, dicono che quel bambino di Correggio aveva ragione.

Gli adulti hanno costruito le città adattandole esclusivamente alle loro esigenze e specialmente a quelle delle loro auto e così hanno escluso  gli anziani, i disabili, i bambini, gli stranieri, i poveri.

 

Rispetto alla salute le conseguenze sono obesità infantile, iperattività, stress e relativa dipendenza da farmaci. Rispetto allo sviluppo gli adolescenti manifestano il loro disagio e la loro avversione per questo nostro mondo facendo del male (ecco, allora, il bullismo, il vandalismo) o facendosi del male nei modi più diversi: obesità, abusi di sostanze, incidenti, suicidi. E’già successo un fatto gravissimo, ed è la prima volta nella storia dell’umanità: le generazioni che verranno avranno una speranza di vita minore della nostra, a causa dell’inquinamento, delle polveri sottili, ecc. Vittoria, una bambina di 10 anni di Rosario, in Argentina, dice: "La colpa di tutto è dei grandi, bisogna limitare il potere dei grandi".Le parole di questi bambini hanno un valore profetico.


Un conflitto nuovo

 
I genitori preoccupati dei pericoli cui possono andare incontro i figli, chiedono più sicurezza, controllo, vigilanza. Vorrebbero proteggere i figli dai pericoli del traffico, dagli incidenti, dai "cattivi incontri" ... .

I bambini, al contrario, chiedono più libertà e autonomia. Chiedono soprattutto il permesso di uscire di casa, di spostarsi da soli, di incontrare altri bambini, di poter giocare in spazi pubblici.

 

Sono richieste legittime per due motivi: perchè solo l’autonomia consente ai bambini di imparare a scegliere: scegliere le persone con cui stare e le persone da evitare, scegliere i luoghi in cui stare e i luoghi da evitare, le cose da fare e le cose da non fare. Si tratta di apprendimenti da fare gradualmente, progressivamente, con l’aiuto di adulti che sanno essere  presenti ma non invadenti, che sanno accompagnare senza pretendere di sorvegliare a vista di continuo.

Come farà a scegliere chi è stato sempre accompagnato, lasciato in posti organizzati da adulti in cui si svolgono solo attività organizzate da adulti, con la possibilità di frequentare, al massimo, a volte, i figli degli amici dei genitori scelti dai genitori?

Come farà a scegliere chi, fino a ieri è stato guidato passo passo e si ritrova poi, adolescente, tutto ad un tratto, davanti alla totale libertà del motorino?

 

Una buona educazione dovrebbe far sentire la vicinanza senza pretendere il controllo totale, dovrebbe saper accettare qualche rischio inevitabile in nome della crescita e della conquista di un'autonomia responsabile.

Questo conflitto ci obbliga a scegliere: con chi stiamo noi? Con chi stanno gli insegnanti? Con chi stanno i pediatri? Con chi stanno i sindaci? Con chi stanno le città? Con chi sta la politica?

 

 

Il progetto "La città dei bambini"


Il progetto propone agli amministratori una nuova filosofia di governo delle città assumendo come paradigma della città il bambino. I bambini e le bambine sono capaci di rappresentare e rivendicare le esigenze di tutte le categorie sociali. Una città adatta ai bambini sarà migliore per tutti. Anche per gli anziani, per i disabili, ecc., ma anche per gli stessi cittadini che normalmente vi transitano in auto e che, in una città diversa, potranno più facilmente e con profitto rinunciare all’auto.

 

Tutte le ricerche hanno dimostrato che le richieste dei bambini (più verde, più spazi pubblici liberi dalle auto, spazi per giocare, strade più sicure dai pericoli del traffico, piste ciclabili, parchi pubblici meno "standardizzati", più "movimentati" e "avventurosi" ...), hanno una caratteristica straordinaria: coincidono perfettamente con le richieste fatte dagli esperti e dagli scienziati che si occupano di definire degli standard di qualità della vita nelle città. Non assomigliano affatto, invece, alle scelte dei politici e degli amministratori.


Ascoltare i bambini

 
È fondamentale ascoltare le proposte dei bambini favorendo l’attività dei Consigli dei bambini e dei ragazzi, che vanno considerati come organi consultivi dei sindaci e rappresentano l’applicazione corretta dell’articolo 12  della Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia (approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia con legge n. 176 del 27 maggio 1991).

 

L’altra esperienza di partecipazione è quella della progettazione partecipata ai bambini, per la realizzazione di spazi e arredi urbani, chiamando i bambini ad essere "autori" della loro città ... .

Dice Renzo Piano: "Per fare delle buone cose bisogna capire e ascoltare i bisogni. E' un’arte complessa e difficile perchè spesso le voci di coloro che hanno più cose da dire sono deboli e discrete. Ma vanno ascoltate. Per non andare incontro a guai seri, come diceva il bambino di Correggio.

 

Ascoltare i bambini significa riconoscere che hanno qualcosa da dire, qualcosa di importante e di necessario per noi. Significa riconoscere che sono capaci di farlo. Per ascoltarli veramente bisogna fare un’operazione inedita: chiedere ai bambini di pensare ed esprimersi da bambini. Poi mettersi in ascolto per trovare le parole "nascoste" che suggeriscono qualcosa di importante, come fa l’analista che coglie al volo la parola rivelatrice di un pensiero.

 

Infine, bisogna avere il coraggio di tener conto dei consigli e delle proteste dei bambini, costi quel che costi, avendo sempre presente il fatto che i diritti dei bambini sono doveri per gli adulti. Solitamente noi adulti fuggiamo a questa responsabilità affermando che ai diritti dei bambini corrispondono i doveri dei bambini. Ma intanto, innanzitutto, siamo responsabili del fatto che spetta a noi, solo a noi, rendere effettivi i loro diritti.

 

Solo quando i bambini godranno dei loro diritti si potrà concordare sui doveri. Se consideriamo, ad esempio, il diritto di giocare insieme in spazi pubblici, solo quando questo diritto sarà effettivo potremo stabilire delle regole per l’uso rispettoso degli spazi. È giusto chiedere ai bambini di essere bravi, obbedienti e rispettosi, sempre, meno che quando partecipano ad un Consiglio e parlano con gli Amministratori. Allora è bene che siano risoliti, arrabbiati, combattivi. Dobbiamo amare ma anche "armare" i bambini.

 

 

F. Tonucci, La città dei bambini, Laterza 1996

(testo pubblicato integralmente on line

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* Francesco Tonucci

  • Istituto di Scienze e Tecnologia della Cognizione – CNR
  • Progetto Internazionale "La città dei bambini"